L’iniziativa

Il perché e il quando dell’iniziativa.

L’iniziativa risponde alla necessità di un’azione prima di tutto culturale, e di conseguenza politica, che sposti la motivazione che forma il consenso politico dei cittadini: dal sentirsi “contro gli interessi degli altri” al sentirsi a “sostegno degli interessi comuni”.

L’iniziativa ha le sue radici nelle riflessioni fatte dopo le elezioni del 2016 sull’instabilità politica, sul disorientamento del paese e sull’incapacità della politica di esprimere una direzione coerente.

Emergeva il bisogno di superare lo stato di paralisi, dovuta alla contrapposizione statica tra le fazioni ormai irragionevoli nelle quali il paese si è disunito, e di attivare un processo dinamico di revisione, convergenza e sviluppo.

Detta azione apparve ancora più necessaria dopo le elezioni del marzo 2018, che diedero vita a un accordo di governo nel quale gli alleati, entrambi premiati dal consenso del “sentirsi contro”, tentarono di associare le divergenze diametrali dei loro programmi in una inedita forma di “contratto”, che avrebbe dovuto renderle compatibili.

Il dover fare qualcosa apparve poi indispensabile ed urgente quando si ventilò l’ipotesi di sottomettere i parlamentari italiani al Vincolo di Mandato: la norma, si disse, avrebbe avuto il merito d’impedire l’indecente mercato delle poltrone, di moralizzare il comportamento dei parlamentari e di ridurre il discredito del Parlamento.

L’iniziativa ha preso concretamente avvio dopo la caduta del primo governo Conte, si è articolata in ricerche ed approfondimenti che hanno portato a ritenere che introdurre un formale vincolo di mandato corrispondesse semplicemente ad esplicitare la forma implicita di vincolo di mandato, caratteristica del sistema politico/elettorale vigente (liste bloccate e pluricandidabilità), alla quale qui ci riferiamo con la dicitura “patto di candidatura”.

È convinzione di coloro che sostengono “Viva il Parlamento” che detto sistema abbia avuto l’effetto, ormai dimostrato, di falsare la rappresentanza e di annullare il ruolo politico del Parlamento, e cioè dell’istituzione centrale della nostra democrazia rappresentativa e che pertanto detto sistema neghi l’intento stesso della Costituzione.

Ai sostenitori di “Viva il Parlamento” non sembra accettabile che i politici possano parlare di “poltrone” invece che di seggi parlamentari, né che un partito politico, in una democrazia parlamentare come la nostra, possa avere la facoltà di togliere il seggio a un rappresentante dei cittadini perché costui disubbidisce alla segreteria:

I sostenitori di “Viva il Parlamento” sono convinti che la piena rappresentanza in Parlamento si possa realizzare quando il modo di scegliere i rappresentanti permette a ciascuno degli attori in campo, elettori, candidati e partiti, di esprimere senza impedimenti le proprie idee politiche e le proprie convenienze, coniugando libertà di scelta e responsabilità.

I sostenitori di “Viva il Parlamento” propongono ai propri rappresentanti in Parlamento di aprire senza indugio la discussione parlamentare sulla rappresentanza e di formalizzare in legge della Repubblica le “3 regole della rappresentanza”.

L’osservazione apparentemente semplicistica, in realtà decisiva nel dare priorità e direzione all’iniziativa, è che il Paese si rispecchia nel Parlamento e che allora per avere un paese migliore bisogna fare di tutto per avere un Parlamento migliore.

Questa osservazione è divenuta il motto di Viva il Parlamento:

“Un parlamento migliore rappresenta un paese migliore.”

Abbiamo deciso di agire dal ruolo che rivestiamo e cioè quello di privati cittadini che difendono il diritto di essere rappresentati in Parlamento.

Da questo ruolo scaturiscono gli atti concreti dell’iniziativa (Attività), che proseguirà fino all’approvazione di una adeguata legge sulla rappresentanza.